martedì 3 febbraio 2015

TARDINO COMMENTA IL GENNAIO 2015

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GENNAIO 2015





I mercati azionari chiudono il mese di gennaio in discesa, con l’indice MSCI World in valuta locale in calo dello 0.62%. Evidente la contrapposizione tra le due sponde dell’oceano: il mercato nordamericano è sceso del 2.74%, mentre l’Europa ha guadagnato il 3.8% circa. Ottime le performance di Germania (+8.93%),  Francia (7.97%) e Italia (7.25%). La Spagna ha guadagnato un modestissimo 0.25%. Leggermente positiva la performance registrata dal mercato giapponese (MSCI Giappone in valuta locale 0.26%). I mercati emergenti hanno guadagnato l’1.37% in valuta locale, sostenuti dalle buone performance degli indici asiatici e dell’Est Europeo, Russia compresa.

E’ stata l’attesa per l’esito di due appuntamenti importanti a catalizzare l’attenzione degli investitori nel corso del mese, alimentando il loro nervosismo e, di conseguenza, la volatilità sui mercati. Fino al 22 del mese i riflettori sono rimasti puntati sulla tanto attesa manovra del presidente della BCE Mario Draghi, successivamente si sono spostati sulle elezioni greche, che il giorno  25 hanno sancito la vittoria del partito antieuropeista di estrema sinistra Syriza, portando alla formazione di un nuovo governo sotto la guida del primo ministro Tsipras. Il FMI ha tagliato ad inizio mese le stime di crescita globale, a causa del rallentamento economico in atto in alcuni importanti paesi emergenti (Brasile e Russia) condizionati negativamente dal significativo calo del greggio, proseguito nel corso di gennaio. La crescita è stata tuttavia rivista al rialzo per gli Stati Uniti, dove gli indicatori prospettici sono rimasti ben orientati.

In tema di politica monetaria, la Fed ha lasciato inalterati i tassi di interesse ufficiali allo 0-0.25%, confermando il miglioramento congiunturale in atto e mantenendo inalterata la previsione di un primo rialzo dei tassi il prossimo giugno. In occasione del consueto appuntamento mensile del Consiglio dei Governatori della Banca Centrale Europea, il presidente Mario Draghi ha mantenuto invariati i tassi di riferimento (0.05%) ed ha annunciato un piano di allentamento monetario al ritmo di 60 miliardi di euro a partire da marzo 2015 e fino, almeno, a settembre 2016, dandosi come obiettivo il raggiungimento di un tasso di inflazione pari al 2%.

I rendimenti obbligazionari sono stati condizionati dalle dichiarazioni di Draghi e dal flight to quality innescato da quanto accaduto in Grecia, così come dal rallentamento dell’inflazione in molte aree, a seguito  del forte calo  del prezzo del petrolio.  Il Bund ha chiuso a 0.27%, in calo di circa 27 punti base, mentre il Treasury decennale ha chiuso il mese a 1.63%, in calo di circa 54 punti base.

Sul mercato valutario, l’euro si è ulteriormente indebolito nei confronti del dollaro di circa il 6.7%, chiudendo il mese a 1.129. 




   Laura Tardino

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lunedì 2 febbraio 2015

TARDINO Express: A PROPOSITO DI PETROLIO


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A PROPOSITO DI PETROLIO

Non credo che la caduta del prezzo del petrolio sia in assoluto negativa per l’Italia e per i paesi importatori e credo non sia completamente corretto darne una valutazione guardando soltanto alla performance degli indici borsistici, condizionati tra l’altro dagli importanti eventi in agenda in questi giorni.
Tuttavia, il peso di alcune società energetiche, per le quali il calo del greggio sarà sicuramente un problema, è significativo su alcuni degli indici di riferimento del nostro paese (a titolo di esempio, Eni da sola pesa circa il 14% sul FTSE MIB) e questo forse lega parte della loro performance a quella del greggio.Nei prossimi mesi, il significativo calo del prezzo del petrolio dovrebbe dare una mano all’economia italiana. Sarà probabilmente un piccolo aiuto se paragonato a quello che darà ad altre economie, meno vessate da pesanti accise e dalla elevata disoccupazione.  L’Italia stenta a crescere. Ha chiuso il 2014 in recessione con ogni probabilità di circa lo 0.3% e per il 2015 le stime del Consensus Economics  a dicembre si attestano ad un risicatissimo 0.4%. Il dato sulla disoccupazione a dicembre, pubblicato lo scorso 7 gennaio, ha evidenziato un ulteriore aumento, attestandosi al 13.4%. Come può aumentare la fiducia dei consumatori, anche in presenza di un maggior potere di acquisto come sta accadendo negli Stati Uniti?
 A livello globale, l’ipotesi della deflazione mi pare al momento lontana dalla realtà . In Italia e nei paesi ad elevata disoccupazione, come ricordavo sopra, c’è il rischio che il circolo innescato sia negativo, perché il risparmio energetico dei consumatori potrebbe non influenzare la loro domanda di beni e servizi, non sostenendo quindi il prezzo di quest’ultimi e non permettendo di evitare una spirale disinflazionistica. E’ importante dunque, come più volte ripetuto in questi ultimi anni, che si proceda con riforme strutturali importanti, che combattano la disoccupazione mentre nel breve è auspicabile una politica monetaria ulteriormente espansiva. Nei paesi in cui la disoccupazione è bassa (Stati Uniti, Regno Unito, Germania per esempio) questo rischio, a mio giudizio, è invece molto basso ed in molti paesi emergenti l’inflazione è stabilmente lontana dallo zero.



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Laura Tardino






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martedì 20 gennaio 2015

Tardino EXPRESS - La volatilità continua


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LA VOLATILITA’ CONTINUA

La volatilità che ha segnato l'evoluzione dei mercati finanziari a fine 2014 dovrebbe continuare nel breve periodo. Gli investitori rischiano di restare in balia della speranza di un miglioramento economico da un lato e di elementi politici o geopolitici che potrebbero destabilizzare una crescita ancora modesta e fragile a causa della ferite profonde lasciate dalla grave crisi degli anni passati (alto debito pubblico, alto tasso di disoccupazione) dall’altro. Il calo del prezzo del petrolio, registrato nel corso degli ultimi sei mesi, susseguito chiaramente alle decisioni dell'OPEC sulla produzione di greggio, dovrebbe, in quanto tale, essere positivo per l'attività mondiale, ma gli investitori potrebbero avanzare dubbi sullo stato di salute della domanda a causa di una ancora elevata incertezza sulla solidità dell'economia globale. Più in generale, se una partenza  favorevole nei primi mesi dell'anno stentasse a concretizzarsi potrebbero sorgere dubbi sullo scenario globale. Per quanto riguarda la politica monetaria, la liquidità resterà abbondante nel 2015 grazie all'azione della Banca del Giappone e della BCE, ma il graduale aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti, dopo sei anni di politica dei tassi di interesse a zero, è probabile che richieda tempo per adattarsi alla nuova situazione. Non c'è dubbio, tuttavia, che la Fed continuerà a comunicare nel modo più preciso possibile per facilitare questa transizione, il che significa -non dimentichiamolo- che la salute dell'economia statunitense è in miglioramento. In questo contesto, gli aspetti relativi alle valutazioni ed ai rendimenti delle varie classi di attivo saranno al centro delle decisioni di investimento nel 2015, in un contesto in cui il vento freddo e  quello caldo si alterneranno repentinamente, richiedendo grande reattività da parte degli investitori.

Spazio dunque alle gestioni caratterizzate da elevata flessibilità, non dimenticando che i temi vincenti nel corso del 2015 potrebbero essere le opportunità nello spazio valutario (indebolimento di dollaro e yen vs euro), le azioni europee ed in maniera selettiva quelle emergenti (Asia ex Malesia), credito periferico ed obbligazioni convertibili europee.



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Laura Tardino






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