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I mercati
azionari chiudono il mese di gennaio in discesa, con l’indice MSCI World in
valuta locale in calo dello 0.62%. Evidente la contrapposizione tra le due
sponde dell’oceano: il mercato nordamericano è sceso del 2.74%, mentre l’Europa
ha guadagnato il 3.8% circa. Ottime le performance di Germania (+8.93%),
Francia (7.97%) e Italia (7.25%). La Spagna ha guadagnato un modestissimo
0.25%. Leggermente positiva la performance registrata dal mercato giapponese
(MSCI Giappone in valuta locale 0.26%). I mercati emergenti hanno guadagnato
l’1.37% in valuta locale, sostenuti dalle buone performance degli indici
asiatici e dell’Est Europeo, Russia compresa.
E’ stata
l’attesa per l’esito di due appuntamenti importanti a catalizzare l’attenzione
degli investitori nel corso del mese, alimentando il loro nervosismo e, di
conseguenza, la volatilità sui mercati. Fino al 22 del mese i riflettori sono
rimasti puntati sulla tanto attesa manovra del presidente della BCE Mario
Draghi, successivamente si sono spostati sulle elezioni greche, che il
giorno 25 hanno sancito la vittoria del partito antieuropeista di estrema
sinistra Syriza, portando alla formazione di un nuovo governo sotto la guida
del primo ministro Tsipras. Il FMI ha tagliato ad inizio mese le stime di
crescita globale, a causa del rallentamento economico in atto in alcuni
importanti paesi emergenti (Brasile e Russia) condizionati negativamente dal
significativo calo del greggio, proseguito nel corso di gennaio. La crescita è
stata tuttavia rivista al rialzo per gli Stati Uniti, dove gli indicatori
prospettici sono rimasti ben orientati.
In tema di
politica monetaria, la Fed ha lasciato inalterati i tassi di interesse
ufficiali allo 0-0.25%, confermando il miglioramento congiunturale in atto e
mantenendo inalterata la previsione di un primo rialzo dei tassi il prossimo
giugno. In occasione del consueto appuntamento mensile del Consiglio dei
Governatori della Banca Centrale Europea, il presidente Mario Draghi ha
mantenuto invariati i tassi di riferimento (0.05%) ed ha annunciato un piano di
allentamento monetario al ritmo di 60 miliardi di euro a partire da marzo 2015
e fino, almeno, a settembre 2016, dandosi come obiettivo il raggiungimento di
un tasso di inflazione pari al 2%.
I rendimenti
obbligazionari sono stati condizionati dalle dichiarazioni di Draghi e dal
flight to quality innescato da quanto accaduto in Grecia, così come dal
rallentamento dell’inflazione in molte aree, a seguito del forte
calo del prezzo del petrolio. Il Bund ha chiuso a 0.27%, in calo di
circa 27 punti base, mentre il Treasury decennale ha chiuso il mese a 1.63%, in
calo di circa 54 punti base.
Sul mercato
valutario, l’euro si è ulteriormente indebolito nei confronti del dollaro di
circa il 6.7%, chiudendo il mese a 1.129.
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