sabato 9 marzo 2013

Non copriamoci con un portafoglio patchwork

 

Non copriamoci con un portafoglio patchwork


In aggiunta ai Beatles, 

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nei "favolosi" anni ’60 le novità importate nel nostro Paese dalla cultura anglosassone furono molte.

Una di queste: la moda del patchwork.

Patchwork erano soprattutto coperte: l’ispirazione veniva dalla solida economia domestica maturata nell’ambiente calvinista del Nord Europa e migrato, lungo la via aperta dai Padri Pellegrini della Mayflower,

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nelle terre sconfinate del MidWest americano, dove le brave e rocciose mogli dei pionieri, prima di concludere la loro massacrante giornata, finalmente sedute confezionavano e riparavano abiti e vesti per la famiglia e, se necessitava una coperta in più ed il tessuto per allestirla era finito o non si poteva comprare, si arrangiavano cucendo insieme ritagli di maglia lavorata a mano, oppure brandelli di tessuto disponibili in casa, anche diversi per colore, forma, consistenza.

@lecosedimysa.blogspot.com
Messi insieme a casaccio, ma utili a corredare in qualche modo un letto, una culla, una sedia a dondolo.

Tempi duri, rimedi estremi.

Oggi, nel nostro mondo duro ed estremo per tutt’altre ragioni, un curioso e diffusissimo esempio di patchwork è riscontrabile anche nel campo degli investimenti: il portafoglio patchwork.

La somiglianza del portafoglio patchwork con la coperta omologa è soprattutto nelle cause e nelle modalità di scelta delle parti componenti: la necessità, la casualità, il riciclo di pezzi vecchi o acquistati chissà quando e da chi e chissà perché.

La differenza tra questi portafogli di oggi e le coperte di allora è che queste, pur nel disinteresse per la forma e l’eleganza, venivano allestite per uno scopo utile e tale scopo raggiungevano; 
un portafoglio patchwork solo per una fortunata combinazione del caso potrebbe ripararci, nel medio-lungo periodo,  

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dagli innumerevoli spifferi 
né, tantomeno, 
dalle inevitabili bufere 
che anche  
nelle stagioni 
più fortunate soffiano 
nelle sconfinate praterie 
delle Borse mondiali.
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@www.articolotre






Il portafoglio senza capo né coda é, tuttavia, una figura enormemente più diffusa di quella del portafoglio armonico, cioè concepito sulla base di un progetto strategico, costantemente aggiornato.

La ragione sta soprattutto nel fatto che la distribuzione di prodotti finanziari ed assicurativi, nel nostro Paese, è ispirata per lo più a criteri commerciali, anche se si svolge attraverso canali, come quello bancario, che avrebbero, al loro interno, le risorse per integrare l’offerta commerciale con una consulenza appropriata.

Oggi è molto più facile, infatti, interloquire con il mondo finanziario per il tramite di persone che esibiscono titoli roboanti, 
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ma che non possono vantare una solida cultura nella programmazione finanziaria degli investimenti oppure che potrebbero, ma non sono interessate a servirsene o –capita anche questo- sono magari incentivate a fare il contrario.

Che fare dunque?    Lamentarsi del destino cinico e baro oppure invocare ancora maggiori controlli pubblici che, nella miglior tradizione del Bel Paese, avvengono spesso su questioni di pura forma?

Meglio di no, specie se vogliamo essere noi e non i nostri pronipoti a vedere un utile cambiamento.

L’alternativa percorribile è tutta individuale,    nella crescita della nostra cultura specifica, iniziando per esempio ad interagire con chi,   invece che parlare delle meraviglie di se stesso e della propria banca e di quel prodotto, cerchi di capire la nostra storia di investitori ed i nostri obiettivi di vita   e, mentre lo stiamo scrutando, ci faccia pensare che anche lui, in tutta coscienza, stia valutando se assumere l'incarico di affiancarci per assisterci come suoi clienti oppure no.



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