giovedì 6 giugno 2013

Spirito imprenditoriale, professionismo e lavoro autonomo

Il 3 giugno scorso, su L'Huffington Post, è apparso un interessante articolo dal titolo: "Lo spirito imprenditoriale e il fare impresa", che vale la pena di leggere per intero. Ecco qui il link:http://www.huffingtonpost.it/giuliana-proietti/lo-spirito-imprenditoriale-e-il-fare-impresa_b_3370918.html

L'autrice, la psicologa e psicoterapeuta Giuliana Proietti, sostiene, tra l'altro, che: "fondare un'impresa .... non è cosa facile: non basta avere un'idea, un progetto molto concreto, ma occorrono anche competenze personali, esperienza e, soprattutto, una struttura di personalità adeguata al ruolo" ed aggiunge:
www.leadershipmagazine.it


"Il problema italiano, dicono alla Confartigianato,


 

 è da ricercarsi nella carenza di infrastrutture,
www.provincia.milano.it












      nell' alto costo del denaro,
planconsulting.it

  nel fisco oppressivo,
www.lintraprendente.it

 nella burocrazia...
www.lindipendenza.com

 Tutto vero.
www.siwikinews.it

Ma perché non considerare anche
il fatto che molti degli 
imprenditori che chiudono
(o che si suicidano) non siano
psicologicamente predisposti 
per svolgere questo mestiere? 




www.castelloincantato.it




Quanti di questi piccoli imprenditori 
in crisi 
avrebbero preferito un tranquillo 
posto di lavoro alle Poste? 





Come afferma la ricerca iniziale, la capacità imprenditoriale non nasce dal nulla: se si vogliono creare menti votate all'imprenditoria, questo imprinting di creatività e di concretezza deve svilupparsi già alla scuola materna, 

tuttoggi.info
 si deve respirare nell'aria, si devono poter osservare esempi di successo e, soprattutto, deve essere una scelta, non una costrizione".

www.provincia.mb.it


Stimolata dalla mia domanda:
"qual'è, secondo Lei, la proporzione tra i piccoli imprenditori in crisi che avrebbero preferito un tranquillo posto di lavoro alle Poste e quelli che invece si sono arresi alla carenza di infrastrutture, all'alto costo del denaro, al fisco oppressivo, alla burocrazia ?",
la dottoressa Proietti precisa:
"premettendo che la mia è solo un'opinione, (anche se, occupandomi fra le altre cose di orientamento, ho modo di parlare con molte persone in cerca di occupazione e dunque ne conosco gli umori e i ragionamenti) ritengo che almeno un giovane imprenditore su due
trenodissea.blogspot.com
avrebbe preferito un lavoro diverso da quello di lavoratore autonomo, perché non sente di avere le caratteristiche di personalità per fare l'imprenditore e perché molto spesso in famiglia non ha ricevuto un'educazione ai valori imprenditoriali (né ha esempi di successo da emulare)".


Ecco la mia risposta, che sottopongo anche a voi, gentili frequentatori di questo blog:
"... Se i risultati della Sua prospezione professionale sull'argomento trovassero un forte riscontro nella realtà, credo potremmo dirci veramente nei guai a livello di strategia-Paese. Come sappiamo, una delle forti peculiarità dell'Italia è quel filo rosso, lungo quasi un millennio, che lega ancora alcune nostre attività produttive con le arti di bottega,
www.terredimugello.it
www.switch-magazine.net










www.delchiaroartconnection.com




www.metronews.it











figlie ma anche madri dell'immensa tradizione dell'arte italiana. 

Lo provano i successi italiani nella moda, nel design, nella produzione di gioielli, calzature, complementi di arredamento e nel dettare al mondo l'esempio di una multiforme, variatissima tradizione gastronomica.
Nei secoli, le botteghe sono state, fattualmente e metaforicamente, le fucine per il tramite delle quali l'arte è stata trasmessa attraverso le generazioni, grazie alla pratica dell'apprendistato, alla quale anche i figli di papà non sfuggivano, 
 
www.giornalettismo.com

tanto che il fenomeno dei bamboccioni -mi consenta la facile ironia- era ignoto.
Non è il caso, naturalmente, di vagheggiare un bel-tempo-che-fu, che come sappiamo non esiste, ma concretamente rileviamo che, se l'Italia sta in piedi, non è certo grazie a quanto le hanno sinora dato 
la FIAT et similia, le Poste e le strutture statali e parastatali,
www.sicurauto.it

www.concorsiposteitaliane.net

archiwatch.it





www.nuovavicenza.it











     i salotti buoni e la concertazione degli stessi con quelli che farebbero rivoltare nella tomba Giuseppe Di Vittorio. 


E non è certo grazie all'esaltazione di una socialità di diritti-senza doveri, di una socialità priva di assunzione di responsabilità personali, perché demandata ad altri, sotto la protezione di un rapporto con (con) il lavoro che si pretende esaurito nell'arco di una prestazione d'opera.
Il lavoro è qualcosa di più alto che una banale, asettica prestazione d'opera, come il sindacalismo di maniera (oggi pensionismo) lo ha ritenuto di trattare. Un (vero) rapporto di lavoro autonomo, come un'attività professionale o imprenditoriale, esalta il lavoro nella sua completa, partecipativa dignità sociale.
Garantiamo -ci mancherebbe altro- il diritto di chi vuole o, purtroppo, deve confinare la propria giornata tra due timbri di cartellino, ma facciamo tutto il possibile perché ai nostri figli venga additata -e sia rispettata e favorita- la prospettiva di evolversi lavorativamente in sintonia con una modalità operativa, anzi, di vita, che è nel nostro DNA e che può riportare il nostro Paese ad affrontare dignitosamente qualunque tipo di confronto".
Se volete, il dibattito è aperto.



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